Tome-wan
Il penultimo episodio di Hannibal, Tome-wan, ruota intorno all’idea di smascherarsi, sia metaforicamente che, nel caso di Mason, in maniera molto letterale. Tome-wan è probabilmente uno degli episodi più cruenti, dove il sangue sgorga a fiotti e spesso si fa fatica a mantenere lo sguardo sullo schermo – dire il contrario significherebbe mentire.
Questo dodicesimo episodio serve anche a mettere dei punti fermi, come avviene per i fratelli Verger. Mason Verger è stato un degno villain di questi ultimi episodi, raccapricciante e psicopatico quanto basta da farci gioire nel vederlo soffrire, eppure viene completamente messo in ombra da Hannibal, il quale dà sfoggio di tutta la sua perversione mentre mutila Mason rendendolo un piatto prelibato per se stesso e per i cani di Will. Per Margot questo è il risvolto migliore che l’intera storia poteva prendere: con il fratello praticamente paralizzato – e di conseguenza innocuo – costretto a letto e alle cure altrui, Margot non solo è padrona di se stessa, ma anche di Mason. Il fartello non esorta nessun tipo di potere nei suoi confronti ed ella può godersi il patrimonio Verger poiché l’erede maschio è ancora vivo: sembra proprio un perfetto lieto fine in pieno stile Hannibal.
Torna anche la Bedelia Du Maurier che non solo si toglie un enorme peso dalla coscienza, ma mette in guardia tutti quanti: per quanto credano di avere Hannibal in pugno, lui sarà sempre un passo avanti a tutti. L’occhio onniscente dello spettatore ci permette di conoscere cose che i personaggi ignorano e nonostante il doppiogioco di Will sia evidente, fatichiamo a credere che Hannibal non abbia preso in considerazione anche questa idea. Will e Jack commettono il gravissimo errore di credere di poter controllare Hannibal e questa cosa si ritorce nelle loro mani, sfociando nella brutale mutilazione di Mason, che comunque non possono usare contro di lui. La stessa Bedelia conferma che lei non ha mai visto Hannibal fare qualcosa di diverso dal persuadere qualcuno a fare esattamente quello che lui desiderava: infatti è Mason a ferirsi, in una scena resa ancora più agghiacciante dalle figure di Will e Hannibal che coprono la visuale di ciò che sta accadento per lasciare che l’immaginazione del pubblico ed il sonoro facciano il loro lavoro. In definitiva, Hannibal è inattaccabile sotto ogni punto di vista e questo rende le convinzioni di Jack e Will completamente inutilizzabili.
Una delle caratteristiche più intriganti di Hannibal è quella dell’incertezza: nonostante vediamo alcune cose e ne conosciamo i meccanismi, non possiamo mai essere sicuri al 100% che ciò che ci viene mostrato – o lasciato intendere – sia vero. La prova più eclatante è stata l’inscenata morte di Freddy Lounds. Ma sullo stesso livello possiamo mettere Will poiché, nonostante tutto, è impossibile definire con chiarezza a quale gioco stia giocando il profiler. Will può anche aver ucciso Hannibal nella sua mente, ma quando si è presentata l’occasione di farlo, gli ha salvato la vita. Che Hannibal debba restare vivo in modo che la giustizia possa compiersi? Oppure Will è molto più in contatto con il suo lato oscuro di quanto non voglia ammettere lui stesso? In entrambe delle due possibilità, le scene condivise da Hannibal e Will restano sempre magistrali, così come lo sono i loro dialoghi. Per la prima volta li vediamo parlare apertamente l’un l’altro, arrivando a quanto più vicino possa esserci di una confessione tra amici.
Mizumono
Scrivere del finale di stagione di una serie non è mai compito semplice perché il rischio in cui s’incorre è quello di dover demolire a colpi di parole tutto ciò che gli episodi hanno costruito durante la stagione stessa.
Perché il season finale è proprio questo: un esame che va a valutare l’operato dell’intera stagione, grazie al quale si traggono conclusioni, si assegnano giudizi e si danno i voti.
Il timore che Mizumono deludesse le aspettative e si presentasse sottotono rispetto alla magnificenza e alla spettacolarità che ci ha regalato questa seconda stagione c’era; ma la paura è svanita sin dai suoi primissimi minuti, facendomi ricredere immediatamente.
Le basi – minuziosamente costruite di episodio in episodio – per un finale bomba c’erano tutte; bastava semplicemente muovere le pedine nel modo giusto. E posso tranquillamente affermare che tutto il team di produttori e sceneggiatori che muovo i fili di questo show hanno saputo regalarci 40 minuti di cardiopalma, di suspense e di fiato sospeso come solo un ottimo thriller sa fare.
Ticchettii di orologio, gocce d’acqua che cadono ritmicamente: l’avvio di Mizumono è tutto studiato per preparare psicologicamente il telespettatore a quello che accadrà. Il tempo sta scadendo. La partita sta per giungere al termine. La bomba sta per esplodere. La catastrofe è imminente.
I delicati equilibri che si sono creati tra i due giocatori stanno inevitabilmente per spezzarsi: tutta la seconda metà di questa stagione è stata preparatoria per questo momento; tutto il lavoro svolto da Will per avvicinarsi a Hannibal e riconquistarsi la sua fiducia non era altro che un lungo percorso di discernimento, di conoscenza del suo lato oscuro per entrare davvero in simbiosi con il suo Maestro, dimostrandosi degno del suo amore e della sua benevolenza. E Will è riuscito a ingannarlo, superando Lecter in astuzia e furbizia, tessendo abilmente la rete e curandola nei minimi dettagli. Il Re sta per ricevere lo scacco matto.
Durante questa stagione, i gesti e le parole di Hannibal hanno portato il telespettatore a costruirsi un’idea della personalità del dottore basata sulla sua volontà di calarsi nei panni di Dio, di farsi giudice e sommo dispensatore di vita e di morte.
Il dialogo con Bella Crawford, giunta ormai allo stadio terminale della sua terribile malattia, ci ripresenta nuovamente questa sfumatura. Lecter, andando contro la sua volontà, le ha impedito di togliersi la vita, lasciando quindi che il cancro la consumasse lentamente. Ed è proprio da questo intensissimo scambio di battute che emergono i temi cardine di Mizumono, i minimi comuni denominatori che guidano tutto l’episodio: il perdono e il sacrificio. E il personaggio di Bella li racchiude entrambi. «Non puoi scegliere di perdonare. Succede e basta.» Forse Bella è riuscita a perdonare Hannibal di averla salvata solo perché, così facendo, le ha permesso di non abbandonare il suo Jack, il solo per il quale sta lottando così strenuamente. Bella stessa si è sacrificata per il suo Jack.
Sacrificio e perdono ritornano prepotenti anche nel dialogo che vede protagonisti Will e Freddie Lounds. Quest’ultima si è presentata fin da subito come uno dei personaggi più irritanti e detestabili, salvo poi redimersi quando la troviamo a sorpresa pronta a collaborare con lo stesso Will e a sporcarsi le mani. Freddie è riuscita a riconquistarsi quella stima che aveva perduto con il suo modo di agire, dando a Will l’occasione di farsi perdonare per tanto odio e ostilità nei suoi confronti. E Will da parte sua è disposto a sacrificarsi per la memoria della sua Abigail, lasciandola fuori dalla sua guerra con Hannibal che vedrà un solo vincitore tra i due contendenti.
Il dialogo non è solo l’occasione che hanno due ex-nemici di deporre l’ascia di guerra in modo definitivo, ma è anche la conditio sine qua non che dà il via alla catena di eventi che seguiranno. L’incontro di Will con Freddie non sfugge a Hannibal che, grazie al suo olfatto altamente sviluppato, riconosce il profumo della Lounds, capendo immediatamente di non avere Will completamente dalla propria parte. Ma nonostante questo, Hannibal si dimostra propenso al perdono nei confronti del suo discepolo. Davanti ad uno dei suoi sontuosi piatti, Lecter gli propone un’allettante opportunità, una terza via che gli permetterebbe di porre definitivamente fine allo sfiancante doppio gioco che sta conducendo ormai da un po’.
«Potremmo sparire ora, stanotte. Dai da mangiare ai tuoi cani, lascia un biglietto ad Alana e non rivedere mai più lei o Jack.»
Hannibal gli sta chiedendo un grandissimo atto di fede e di coraggio; un salto nel vuoto durante il quale la caduta potrebbe rivelarsi rovinosa o addirittura fatale poiché non ci sono certezze o punti fermi ai quali aggrapparsi. Gli sta chiedendo di fidarsi completamente di lui, in un’ultima occasione di dimostrare che, nonostante tutto, è ancora degno della sua fiducia e del suo amore. Ma Will non accetta: preferisce tradire il suo Maestro per dare a Jack la verità sullo Squartatore di Chesapeake. Il brindisi e l’intera cena a base di agnello li possiamo simbolicamente interpretare come l’Ultima Cena di Gesù avuta con i suoi discepoli, tra i quali era presente lo stesso Giuda Iscariota.
La battaglia finale si avvicina e qualche altro agnello dovrà essere necessariamente sacrificato.
Il primo che si presenta a casa di Hannibal è proprio Jack che, con la sua entrata in campo, ci fa tornare indietro con la memoria, precisamente all’incipit di Kaiseki e allo spettacolare scontro che ha aperto questa stagione. L’agilità di Hannibal riesce ad avere la meglio sulla fisicità di Jack che, gravemente ferito, riesce a rifugiarsi in extremis nella dispensa. Sopraggiunge poi Alana Bloom, armata di pistola e con il cuore a pezzi, accortasi finalmente dell’indole luciferina del suo attuale amante, fin troppo furbo e astuto nel lavorare per accecarla dalla verità. Anche a lei Lecter offre una via di fuga e la possibilità di essere perdonata.
«Puoi nasconderti da tutto questo. Vattene. Non verrò a cercarti. Ma se resti, ti ucciderò.»
Ma Alana ha smesso di essere cieca e, coraggiosamente, preme il grilletto. La pistola non spara il colpo, dal momento che i proiettili in canna sono stati rimossi in precedenza da Hannibal. La fuga della donna si conclude nella camera da letto di Hannibal, teatro del loro amore che ora, in modo sadico e perverso, mette la Bloom di fronte ai suoi terribili errori. La sorpresa, più o meno riuscita, la abbiamo quando dall’oscurità compare Abigail Hobbes, creduta morta a fine della scorsa stagione, ma in realtà nascosta dallo stesso Lecter.
Il ritorno in scena non può che essere accompagnato da una scena spettacolare: la ragazza spinge giù dalla finestra Alana che, in un volo a rallenty altamente scenografico, si schianta a terra. L’«I’m so sorry» sussurrato tra le lacrime racchiude tutta la sofferenza e il dolore di Abigail per ciò che è costretta a fare, manipolata fino alla persuasione dal suo aguzzino.
Will è l’ultimo ad arrivare, trovando per prima un’agonizzante Alana sotto la pioggia scrosciante. È l’ultima e unica pedina rimasta in gioco, l’ultimo che deve ancora scontrarsi con Hannibal.
Ad accoglierlo trova subito Abigail, ma il ricongiungimento tra i due dura qualche brevissimo istante perché Lecter compare subito alle sue spalle. L’intimità e le tenerezza iniziali, datti dalla carezza di Lecter, vengono repentinamente sostituiti da un gesti tanto brutale quanto doloroso.
Hannibal ferisce Will all’addome e si unisce a lui in un abbraccio di sangue e sofferenza, che ha tutto il sapore di un doppio addio: all’amicizia che li univa e alla fiducia riposta.
«Il tempo è tornato indietro. Ha ricomposto la tazzina che avevo infranto.»
La loro tazza rotta è risorta dai propri cocci, presentandosi come l’occasione per ricongiungere e unire in un legame ancora più forte, quasi indissolubile, le due parti della stessa anima. Hannibal era riuscito a ricavarsi un angolo, un posto nel mondo per permettere a tutti e tre di vivere come una famiglia, legati dal profondo affetto che entrambi nutrivano per la ragazza. Ma ora, con il tradimento, tutto è andato perduto.
«Ho lasciato che mi conoscessi. Che mi vedessi. Ti ho dato un dono raro. Ma non l’hai voluto.»
Hannibal ha mostrato a Will la sua vera essenza; gli ha dato la possibilità di connettersi a lui a un livello così profondo tanto da esporlo completamente e renderlo vulnerabile. Gli ha permesso di accedere in luoghi della sua anima mai visitati da nessuno, per il semplice fatto che credeva in lui, nel suo enorme potenziale. Lecter aveva visto in Will quella scintilla che mai aveva incontrato e che fin da subito gli aveva permesso di riconoscerlo come suo simile e affine. E le struggenti parole di Hannibal non possono non farmi scorgere, ancora una volta, una forte affinità con la parabola cristiana dei talenti, che Dio dona agli uomini, ma che solo alcuni di loro sono in grado di mettere a frutto. Un’analogia, questa, che va a rafforzare ancora una volta l’immagine di un Hannibal che fa le veci di Dio e di un Will discepolo amato.
È proprio Will, sofferente e agonizzante in una pozza di sangue, che fa presente al suo Maestro di essere riuscito, nonostante tutto, a cambiarlo, così come lui l’ha cambiato.
L’uccisione di Abigail – la nuova rottura della tazza – è un gesto di sfida, un modo per dimostrargli che si sta sbagliando, che lui non è cambiato, ma è solo un uomo distrutto dal dolore per aver troppo amato. Un uomo che ha creduto di poter far entrare nel proprio angolo di mondo qualcuno che la sua anima aveva riconosciuto come affine, ma che poi ha tradito la sua fiducia. Nonostante sia riuscito a perdonarlo, alla fine dei conti, il tradimento di Will pesa molto di più sul piatto della bilancia rispetto a ciò che hanno fatto gli altri. Prima che i sensi lo abbandonino completamente, Will ha un’ultima visione onirica di un cervo agonizzante, l’animale che ha sempre popolato i suoi incubi.
La sosta finale di Hannibal sotto la pioggia scrosciante assume la solennità del rito cristiano del battesimo: gli permette di lavare via una parte del dolore e della sofferenza, regalandogli un effimero momento di pace, facendolo quasi rinascere a vita nuova.
Arrivati fin qui, quello che ci resta tra le mani non è altro che un ottimo finale di serie; salvo poi aprirsi una scena che va ad accompagnare i credits finali. Su un volo di prima classe troviamo Hannibal intento a sorseggiare champagne in compagnia di Bedelia Du Maurier. Una scena finale che apre moltissime domande sul ruolo della donna e su un suo potenziale – e forse abbastanza sicuro – coinvolgimento nelle vicende.
Ottima stagione coronata da un finale al cardiopalma che non ha deluso le attese dei telespettatori: con questa perla di alta qualità che è stata questa seconda stagione, Hannibal va a confermarsi come un eccellente prodotto, fiore all’occhiello della NBC.
Tra i complimenti doverosi a un cast d’eccezione, dove spiccano prepotentemente Hugh Dancy e Mads Mikkelsen, non posso non spendere due parole per la mia bravissima collega Jeda con la quale mi sono alternata a recensire questa meravigliosa stagione.
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Voce fuori dal coro: delusissimo da questa stagione. Troppo introspettiva per i miei gusti e con un finale scontatissimo. Era ovvio che alla fine Hannibal se ne sarebbe andato con le sue gambe e a spese di tutti gli altri.
Inattesa solo la scena finale sull’aereo.
Non guarderò la terza stagione. Sono deluso da un personaggio che attraverso le due stagioni fin qui realizzate è stato deformato al punto da essere irriconoscibile rispetto all’Hannibal della saga cinematografica.
In più ci troviamo difronte ad una narrazione intrspettiva noiosa e infinita che, anzichè dare forma ai personaggi li prova di spessore e di carattere.
per me stagione Bocciata, serie bocciata.
Lo devo dire, ci sono rimasta di merda… ma di merda in senso positivo. Tutti morti *O*
Abigail viva (per poco xD) *O*
HANNIBAL E BEDELIA IEUHGVPWòIRHGòWEITR *QQQQQQQQQQQQQQQQQQQQQQ* ora muoio troppo per il fangirling!
comunque è inevitabile chiedersi che succederà nella terza stagione ed onestamente ho paura. Sicuramente diventerà importante Freddy